FIABE
“La vita di ogni uomo è una favola scritta da Dio” diceva Hans Christian Andersen.
La nostra esistenza somiglia a una favola: a un certo livello è davvero terrificante, ma a un livello più elevato è un percorso iniziatico di crescita interiore. Anche la nostra vita, come quella dei protagonisti delle fiabe, è piena di difficoltà, di tradimenti, di veleni. Ma è proprio in quei veleni che si nasconde la chiave della nostra evoluzione.
La lettura che dobbiamo dare però non è quella più esteriore, quella cioè di storie crudeli, fatte di perfide matrigne, padri assenti, orribili streghe, e vite sfortunate condite dall’ingiustizia, ma il percorso di crescita che i singoli protagonisti fanno proprio grazie a queste avversità.
Ed è qui che le fiabe si ricollegano alla nostra vita. Anche la nostra esistenza è un percorso a ostacoli. L’obiettivo non è evitarli, e neppure superarli. Ma affrontarli lasciando che ci cambino dentro. In modo costruttivo. Non siamo solo i protagonisti della storia che stiamo vivendo, ma anche i narratori: narratori che fanno esperienza attraverso i loro stessi racconti. Solo quando ne diventeremo consapevoli, la nostra storia potrà avere un lieto fine.
BIANCANEVE
Tradimenti, inganni, falsità, invidia, ingiustizia sono una parte sacra del nostro percorso. La vita si traveste da “matrigna” e ci avvelena perché è grazie a quel veleno che possiamo crescere come persone e come anime. Il veleno è in realtà il più potente elisir di vita, perché senza veleno non c’è vita. Perché questo?
Perché vivere è una continua alchimia, nella quale trasformiamo noi stessi trasmutando il veleno che incontriamo sul nostro cammino. Quando non siamo in grado di fare questo, moriamo un po’ per volta, a ogni esperienza dolorosa. Ci frammentiamo strada facendo.
Biancaneve è una brava bambina, non merita nulla di tutto quello che le accade, eppure la matrigna cattiva, invidiosa della sua bellezza, si accanisce contro di lei. Accecata dall’invidia, vede nella bambina una pericolosa rivale che le porta via il primato della sua bellezza, diventando la più ammirata del regno al posto suo.
Se guardiamo la storia dal punto di vista di Biancaneve, non possiamo che sentirci indignati: perché trattare così una brava bambina che non ha alcuna colpa se non quella di essere nata bella? Biancaneve rappresenta la nostra innocenza originaria, quell’innocenza che poi perdiamo attraverso i duri colpi che la vita ci infligge. Ma è questo veleno che può renderci vivi.
Il nostro errore è considerare quei colpi delle disgrazie, degli incidenti di percorso, mentre sono esperienze necessarie alla nostra crescita come persone e come anime. Non possiamo crescere davvero se non attraversando le bufere della vita. Finché tira un lieve venticello non riusciamo a diventare persone complete. Né diventiamo automaticamente persone complete per il solo fatto di attraversare bufere.
La bufera ha un grande potenziale di trasformazione, ma sta a noi coglierlo. Qualunque evento ingiusto o doloroso della vita va accolto e trasformato. In assenza di questa operazione, ci porteremo appresso un carico di dolore che andrà ad aggiungersi agli altri già presenti nella nostra storia personale, e ci sentiremo sempre più infelici e impotenti.
HANSEL E GRETEL
La storia di Hansel e Gretel è la storia di ognuno di noi. È la storia dell’abbandono, della perdita dei riferimenti, dello smarrimento interiore. E, nel migliore dei casi, del ritrovamento di noi stessi.
Ci possiamo ritrovare solo dopo un arduo percorso, che comprende l’incontro con persone crudeli e situazioni molto complicate che, in realtà, capiremo alla fine del nostro cammino essere le vere alleate del nostro risveglio.
Le mollichine di pane rappresentano le nostre fragili sicurezze che vengono spazzate via dal vento della vita. Le nostre certezze, qualsiasi esse siano, sono destinate a vacillare prima e crollare poi. Proprio come le mollichine che vengono disperse dal vento. Fino a rendere impossibile il ritorno sui propri passi. La vita è precisamente questo: un impossibile ritorno sui nostri passi. Possiamo andare solo avanti.
Man mano che procediamo non ci è più consentito assaporare quello stato rassicurante che offre l’inconsapevolezza, perché con l’avanzare del tempo ci rendiamo conto che ci sono solo false certezze, che una a una sono destinate a cadere.
Hansel e Gretel, così come molti altri protagonisti di fiabe, perdono la madre, il primo riferimento in assoluto, e poi il padre, che spinto dalla matrigna li abbandona nel bosco, finché rimangono soli, in balia delle tempeste dell’esistenza. Ed è lì che la loro vita incomincia davvero.
Non sono le tempeste di per sé a dare un senso alla vita, ma sono il mezzo che ci costringe a tirar fuori le nostre risorse e a evolvere. Se la vita non avesse mille difficoltà, pratiche e affettive, non potremmo crescere, perché la nostra crescita interiore passa anche attraverso le grandi sfide, che ci costringono a rompere i vecchi equilibri e a rivedere le nostre priorità.
Solo la crescita è vita. Tutte le altre forme di esistenza non lo sono. E la vera crescita avviene quando ci troviamo dopo esserci persi: proprio come nella fiaba di Hansel e Gretel.
IL BRUTTO ANATROCCOLO
Il brutto anatroccolo è assai sgraziato rispetto agli altri, e sembra non avere grandi pregi. Solo alla fine della storia scopriremo che nulla è come appare. Che l’essere che inizialmente ci pareva più brutto è in realtà la creatura più nobile e bella. Ma dobbiamo arrivare alla fine della fiaba per comprenderlo.
Questa è anche la nostra storia. Sin da quando siamo in fasce dubitiamo del nostro valore, della nostra adeguatezza. Intimamente ci sentiamo dei brutti anatroccoli destinati a rimanere tali. Gli altri ci sembrano migliori e più apprezzati, mentre noi, che pensiamo di essere meno brillanti, ci crediamo destinati a una vita di seconda fila.
All’inizio del nostro percorso non siamo ancora consapevoli che la nostra autostima dipende unicamente da noi e che nessun giudizio sul nostro valore ha realmente il potere di destabilizzarci, eccetto uno: il nostro. Non sappiamo ancora che è la nostra mente a creare il nostro mondo, non la mente degli altri. Non esiste inadeguatezza se non nella nostra convinzione, ed è a quel livello che va estirpata.
La storia del brutto anatroccolo rappresenta il cammino della nostra autostima. Nella prima parte della vita pensiamo di essere diversi dagli altri e per questo sbagliati. Crediamo che solo uniformandoci agli altri potremo essere accettati e amati. E così ci allontaniamo da ciò che siamo nel tentativo di essere ciò che non siamo.
Questo processo è molto doloroso: ed è doloroso perché ci snatura. Eppure è un processo necessario. Solo attraverso il disconoscimento di ciò che siamo possiamo arrivare a riconoscerci e approdare a una sana autostima. Perché un’autostima che non sia mai stata messa alla prova è destinata a crollare alle prime difficoltà.
L’autostima è il risultato di un lungo viaggio interiore che intraprendiamo proprio grazie al fatto che ci siamo sentiti sbagliati, brutti, inadeguati. Nel viaggio molti si perdono e non arrivano mai. Ma alcuni di noi arrivano a destinazione, imparando a riconoscere la propria bellezza e ad andarne fieri.
CAPPUCCETTO ROSSO
Cappuccetto Rosso, una delle fiabe più belle e più note al mondo, è una storia di disobbedienza. La piccola, infatti, invece di dar retta alla mamma e andare dalla nonna passando per la strada principale, disobbedisce e si addentra nel bosco, cosa che poi comporterà l’incontro col lupo e tutto quello che ne consegue.
Forse, a una prima superficiale lettura, può sembrare che questa favola insegni a essere ubbidienti e inviti a sviluppare il senso del dovere, che, per quanto riguarda i bambini, significa ubbidire ai genitori che, con la loro maggiore esperienza, possono evitare loro situazioni sgradevoli.
Una lettura più profonda, tuttavia, ci porta a una conclusione del tutto opposta. Cappuccetto Rosso è potuta crescere proprio grazie alla sua disobbedienza. Da bimba è diventata donna perché ha fatto la suastrada. Disobbedire è un passo imprescindibile per crescere: fare la propria strada per trovare la propria strada, questo è il percorso dell’apprendimento. Non importa quanti errori faremo.
La nostra vita, proprio come quella dei protagonisti delle fiabe, è un separarsi dalla strada maestra per addentrarci nel bosco della vita, pieno di pericoli da affrontare, ma è proprio questo cammino che ha il potere di portarci alla meta più ambita: noi stessi, con la nostra autenticità.
Se potessimo in qualche modo sfruttare l’esperienza di altre persone, e anche la loro saggezza, non avremmo mai modo di crescere. Perché possiamo crescere solo con le nostre forze, gli altri possono esserci di ispirazione, ma non possono sostituirsi alla nostra esperienza.
Disobbedire non significa fare il contrario di ciò che ci viene chiesto. Questo è un comportamento adolescenziale. L’obiettivo è riconoscere che cosa ci appartiene e che cosa no: capire attraverso l’esperienza chi siamo e cosa desideriamo. È un lavoro di costante discernimento, che dura tutta la vita. È il cammino verso l’autenticità.
La storia di Cappuccetto Rosso è un rito di iniziazione all’età adulta, ma non quella anagrafica: l’età della consapevolezza. Che per molti non arriva mai.
E VISSERO FELICI E CONTENTI…
Questa è la frase che chiude la maggior parte delle fiabe classiche. Dopo aver superato prove di ogni tipo, fisiche, emotive e affettive, finalmente l’eroe della storia trova pace.
Ciò che accomuna gli eroi delle favole è che non si sottraggono mai alle prove, né se ne lamentano: le accettano di buon grado e cercano di fare del loro meglio per superarle. Affrontano le vicende della vita con accettazione attiva e senza paura.
Anche noi stiamo vivendo dentro una specie di favola, dentro un’illusione di realtà che ai nostri occhi sembra molto reale. Ma nulla di ciò che ci accade è reale in senso assoluto, solo il nostro percorso interiore lo è.
La vita ha senso in quanto ponte che ci conduce a noi stessi, non alla nostra parte egoica verso la quale non abbiamo bisogno di essere ricondotti, dal momento che viviamo ogni giorno sotto la sua tirannia, ma verso la nostra autenticità interiore. Un’autenticità della quale serbiamo solo un flebile ricordo, ma che tuttavia esiste. Per questo ogni tanto ne sentiamo il richiamo.
In una buona parte dei casi la fiaba si conclude col principe che sposa la fanciulla. Una prima lettura superficiale potrebbe farci pensare che è il principe che salva la fanciulla, ma a ben vedere non è affatto così. I protagonisti delle fiabe si salvano grazie al loro percorso di vita, pieno di ostacoli, accettati e superati con coraggio.
Questo finale rappresenta in realtà la vita che riversa su di noi l’amore di cui è fatta quando smettiamo di nutrire la paura che ci abita. Vivere vuol dire imparare ad amare. E l’amore, degno di questo nome, è quello incondizionato ed esteso a tutto e a tutti. E anche se ci sembra una meta irraggiungibile, questa è la sola che può condurci a vivere pienamente. Felici e contenti.
IL MONDO DELLE FIABE
Se ti interessa approfondire questi argomenti, puoi trovarli nel mio libro “Iniziazione al mondo delle fiabe. Percorsi evolutivi attraverso le fiabe della nostra infanzia”, nel quale commento 12 fiabe.
INIZIAZIONE AL MONDO DELLE FIABE
Edizioni Mediterranee