ANIMA
L’anima è l'essenza vitale che ‘anima’ appunto il nostro corpo. Nella visione sciamanica, l’anima si può frammentare in seguito a traumi fisici o psichici. Non ci sono criteri assoluti che regolano l’allontanamento di parti dell’anima: una persona può perdere un frammento in seguito a un evento traumatico che su un’altra può non avere conseguenze. Dipende cioè da come il trauma viene vissuto e soprattutto se viene superato.
Secondo Sandra Ingerman, la principale praticante della tecnica del recupero dell'anima negli Stati Uniti, la perdita dell'anima non è un fatto negativo in sé, in quanto è il modo in cui la psiche di una persona può sopravvivere ad un evento doloroso, purché poi questa parte venga reintegrata.
Un frammento d'anima può distaccarsi, ad esempio, in occasione della morte di una persona cara, della fine di una relazione, di un tradimento, di un cambio forzato di paese o di abitazione, oppure per la delusione delle proprie ambizioni o di un sogno coltivato a lungo, o ancora per la bassa autostima o un periodo prolungato di forte stress e frustrazione.
Se non ci sentiamo più gli stessi di un tempo, se sperimentiamo una sensazione di vuoto interiore, di stanchezza cronica o di forte demotivazione, può essere utile procedere a un ‘recupero dell’anima’. La pratica del recupero dell'anima ci aiuta a reintegrare questi frammenti perduti, ricostituendo la nostra interezza spirituale e il nostro equilibrio psico-fisico.
I TRAUMI DEL PASSATO CI FRAMMENTANO
Forse non ce ne rendiamo conto, ma buona parte della nostra vita presente dipende da episodi del passato non metabolizzati a livello emotivo. Se continuiamo a vivere storie di abbandono e nel passato abbiamo vissuto un trauma legato all’abbandono, con ogni probabilità, ci sarà un filo invisibile che lega tutte queste esperienze riconducendole alla prima. Sciogliendo quel trauma, anche le mie esperienze future cambieranno forma e sostanza. Vediamo qualche esempio pratico.
L’incapacità di gioire: la storia di Elena
Elena è un ingegnere con una vita piena sia dal punto di vista famigliare che dal punto di vista lavorativo ma con problema di fondo: l’incapacità di gioire della vita e dei suoi successi. Non c’è bisogno di indagare a fondo nella sua vita per poter trovare il nodo emozionale alla base di questa sua situazione emotiva.
Elena ricorda ancora, il giorno della laurea, alla fine di un percorso lungo che le era costato molta fatica e molti sacrifici, la sua gioia incontenibile. Elena, felice della sua laurea, corre a casa dai suoi genitori, ma qualcosa non va come si sarebbe aspettata. Invece di trovare una gioiosa atmosfera di festa, Elena si imbatte in suo padre, serio e con la sua pipa in bocca come al solito. Quando lei gli comunica che è tutto finito, che finalmente si è laureata e anche a pieni volti, il padre toglie la pipa dall’angolo della bocca giusto per dirle “hai appena fatto il tuo dovere”.
Quindi riprende a fumare come se nulla fosse. Qualcosa si rompe dentro Elena, istantaneamente, la sua capacità di gioire la lascia, e a poco valgono i festeggiamenti con gli amici e i complimenti degli altri parenti. Elena perde i suoi riferimenti, se non c’è motivo per gioire in un giorno del genere allora quando ci può essere? Elena diventa più seria e perde entusiasmo e la sua naturale allegria che, da quel giorno non faranno più ritorno.
Certo, visto da fuori, questo episodio ci dice solamente che il padre forse quel giorno non era particolarmente di buon umore, che è stato duro e insensibile di fronte a un importante successo della figlia, ma poco ci dice rispetto alle sensazioni di Elena, a ciò che si è rotto irrimediabilmente dentro di lei, al trauma emotivo che cambierà poi completamente il suo approccio alle situazioni.
Elena non gioisce più, la sua vita procede tra un impegno e l’altro, tra un dovere e l’altro, fino a che, finalmente, un giorno torna a prendere questa sua parte perduta, quella che era capace di provare gioia, di essere soddisfatta di se stessa, e, dolcemente, la riconduce a se stessa. Una parte rimasta esiliata per anni che può riprendere il suo posto. Una volta reintegrata questa parte finalmente potrà nuovamente esprimersi e rendere la vita di Elena più completa e ricca di gioia.
Il caso di Elena ci illustra in modo molto chiaro come un episodio, apparentemente casuale, possa in realtà modificare il corso della nostra vita e del nostro sentire. I traumi emotivi che abbiamo vissuto durante la nostra vita non vanno mai sottovalutati. Spesso, infatti, in seguito ad essi, non siamo più gli stessi, nel senso che siamo morti un po’. Una parte di noi ci ha lasciato e noi siamo rimasti apparentemente interi ma di fatto frammentati. E non c’è bisogno di subire violenze sessuali o corporali per perdere frammenti di noi, a volte parole apparentemente neutrali ci trafiggono con una violenza impensabile. Lavorare su questi traumi ci ridona interezza e libertà.
Il senso di fallimento: la storia di Nicoletta
Nicoletta ha una grossa difficoltà a portare avanti I suoi progetti. È come se una parte di lei volesse sabotarli. Ogni volta che avvia una nuova iniziativa succede qualcosa che rallenta i suoi piani. E anche quando sembra scorrere tutto liscio, è lei a dire o fare qualcosa che crea rallentamenti.
Indagando sull’origine di questa dinamica, Nicoletta ricorda quando, a 27 anni, aveva deciso di andare via di casa, e aveva trovato lavoro in un’altra città. All’inizio Nicoletta era stata immensamente felice di quest’opportunità, che le regalava finalmente la possibilità di allontanarsi dai genitori con cui aveva grossi problemi relazionali.
Tuttavia questo suo sogno era presto naufragato in un mare di delusione. Nicoletta dall’inizio aveva trovato difficoltà a relazionarsi anche con i titolari dell’attività, e nel giro di qualche mese era stata invitata a lasciare definitivamente quel lavoro.
Nicoletta, non avendo più modo di mantenersi, aveva dovuto fare ritorno alla casa dei genitori, con un pesante senso di sconfitta e di umiliazione. Questo sentimento aveva continuato ad accompagnarla nel resto della sua vita, anche se ne aveva dimenticato l’origine.
Questo è esattamente quello che avviene alla maggior parte di noi. Viviamo situazioni traumatizzanti, poi passano gli anni le dimentichiamo, ma il nostro inconscio continua a trattenere quelle sensazioni e a riproporcele ogniqualvolta si presentano condizioni simili a quelle del passato.
Nel caso di Nicoletta, si era depositata dentro di lei la convinzione che quello che decideva di intraprendere sarebbe stato un fallimento. Anche a distanza di moltissimo tempo, quando Nicoletta tentava di portare avanti nuove idee ed iniziative, il suo inconscio sembrava boicottarle: e questo allo scopo di proteggerla da possibili ulteriori delusioni. Le strategie che l’inconscio mette in atto per proteggerci, come quella del boicottare i nostri progetti, sono però spesso fortemente limitanti e ci portano all’immobilismo. Ma finché non rintracciamo la causa prima del nostro problema, non possiamo guarire queste dinamiche.
Niente più emozioni: la storia di Valentina
Valentina ha avuto un’infanzia difficile, con una mamma fredda e distante. Questa mancanza di comunicazione con la mamma le aveva creato così tanto dolore che, a un certo punto, durante l’adolescenza, aveva deciso che a lei di sua madre non sarebbe importato più nulla: avrebbe fatto a meno del suo amore. Con quella decisione Valentina aveva messo una sorta di coperchio sul suo dolore, che in effetti si è un po’ attutito.
Così facendo però il suo dolore continuava ad essere vivo nell’inconscio, anche se lì relegato. Da quel momento Valentina aveva avuto difficoltà a sentire le emozioni e a riconoscere i sentimenti, perché per farlo avrebbe dovuto aprire quel coperchio, sotto il quale stava ancora ribollendo il dolore insopportabile per la freddezza della madre.
In questa sua dolorosa esperienza Valentina aveva perso un frammento d’anima, quello capace di prendere contatto con le proprie emozioni, di sentirle e di trasmetterle. Ma non possiamo vivere frammentati: anche se la nostra storia personale è stata dolorosa, e forse lo è ancora, più ci frammenteremo, più saremo destinati a soffrire, oltre a non avere la forza per far fronte a questa sofferenza.
Quando prendiamo, consciamente o inconsciamente, decisioni che vanno contro il nostro benessere, anche se al momento le consideriamo le uniche soluzioni possibili, prima o poi si ripresentano nella nostra vita causandoci una sofferenza tale che finalmente diventa insopportabile continuare ad ignorarle.
La storia di Valentina è una storia di una decisione giovanile, poi portata avanti negli anni successivi in modo totalmente inconscio. È ovvio che quando Valentina si è staccata dalla casa dei genitori ed è andata a vivere prima per conto suo e poi con la sua famiglia non avrebbe più avuto interesse a mantenere questi atteggiamenti, eppure non poteva fare altrimenti: se mettiamo un coperchio sopra le nostre emozioni poi questo permane.
Il nostro inconscio non ha la capacità di considerare il contesto o di giudicarlo, semplicemente associa una sensazione di sofferenza alla situazione in questione (in questo caso la sofferenza legata alle emozioni). È una specie di equazione silenziosa che rimane presente fino a che, con pazienza, andiamo a ripercorrerla per lasciarla andare consapevolmente.